Un numero sempre crescente di donne, nel corso della propria vita scopre di soffrire di vulvodinia!
Questo sicuramente dipende dal fatto, che oggi dinnanzi ad una certa sintomatologia, diversi medici specializzati, sono in grado di riconoscere tale sindrome.
Fino a 15 anni fa, molto spesso il “grido” di queste donne restava muto e il più delle volte tale sintomatologia veniva correlata ad altro: infezioni batteriche come cistite o infezioni micotiche come candidosi e vaginiti di varia natura. Purtroppo durante la visita ginecologica se non ci si trovava dinnanzi a tali evidenze, queste donne, riportando una sintomatologia assente allo sguardo del ginecologo venivano considerate affette da uno stato morboso prevalentemente psicogeno.
Ma cerchiamo di capire cosa intendiamo con il termine vulvodinia.
Per vulvodinia s’intende un dolore vulvare che persiste da più di tre mesi, senza una chiara causa identificabile, che può avere potenziali fattori associati. Dagli studi effettuati si è giunti alla conclusione che la vulvodina non è probabilmente un fastidio, ma una costellazione di sintomi di diversi processi fastidiosi.
I potenziali fattori associati alla vulvodinia sono:
- comorbilità (sindrome della vescica dolorosa, fibromialgia, sindrome dell’intestino irritabile);
- di origine genetica;
- di origine ormonale;
- di origine muscolo-scheletrica (iperattività dei muscoli pelvici);
- di origine infiammatoria;
- di origine neurologica (centrale e periferica);
- di origine psicosociale (stati d’animo, funzioni sessuali);
- difetti strutturali (perineo discendente).
La sintomatologia principale consiste nel dolore alla zona genitale, che può essere accompagnato da:
- bruciore;
- dolore pungente;
- secchezza;
- dispareunia;
- dolore pulsante;
- prurito;
- gonfiore;
- sensazione di scosse elettriche;
- punture di spillo.
Tale dolore può essere costante o intermittente, può durare mesi, anni e poi sparire improvvisamente così come è comparso.
Per porre diagnosi di vulvodinia bisogna fare un’anamnesi approfondita e accurata che chiami in causa: i sintomi correnti, le abitudine personali ed intime, la storia pregressa medica e chirurgica con particolare riferimento all’area d’interesse, le pregresse infezioni vulvari, le allergie. Inoltre sarà necessario indagare su eventi traumatici durante l’infanzia, qualità dei rapporti sessuali, dolore post-partum.
L’esame obiettivo avviene attraverso l’ispezione della zona interessata, la vulvoscopia, lo SWAB test, la valutazione del pavimento pelvico e la palpazione bimanuale.
Un tempestivo riconoscimento dei sintomi può essere fondamentale per la risoluzione di tale patologia.
Esiste questa malattia invalidante. Lo Stato ad oggi ancora è latitante.